Il Museo Bodoniano

A Parma lo spazio dedicato al principe degli stampatori

Il Museo Bodoni è il più antico museo della stampa in Italia, intitolato a Giambattista Bodoni (1740-1813) tipografo piemontese che rese Parma capitale mondiale della stampa.
Il Museo, ospitato al piano terra della Biblioteca Palatina del Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, è stato oggetto di un accurato intervento di riprogettazione degli spazi e di ripensamento dell'intero percorso espositivo, concluso negli ultimi mesi del 2022. Uno sforzo importante, volto a restituire valore e dignità ad un autentico gioiello, primo ed unico nel suo genere in Italia, nonché un significativo risultato dell'ingente progetto di riqualificazione della Nuova Pilotta, improntato sull'imprescindibile missione di rendere i cittadini più consapevoli del proprio passato e della propria identità. 

Il nuovo museo espone una ricca selezione di edizioni bodoniane (compresi esemplari unici e rarissimi, stampati su pergamena o seta), la suppellettile tipografico-fusoria ed altri cimeli di assoluto rilievo appartenuti all’officina di Bodoni che fu tipografo nel senso più ampio del termine: stampatore, disegnatore, incisore e fonditore di caratteri con risultati di eccellenza formale esemplari.

Nel percorso espositivo il torchio tipografico, fedele ricostruzione di quello usato dal tipografo saluzzese, e gli armadi originali Luigi XV, all’interno dei quali Bodoni custodiva le cassette dei punzoni, introducono alla sezione dedicata a “La Fabbrica del Libro”. All’interno di quattro grandi vetrine, parte del mobilio originale del museo degli anni ‘60, sono ricostruite le varie fasi di lavoro di Bodoni: a partire dal disegno del carattere e creazione dei punzoni, dalla fabbricazione delle matrici e fusione della lega tipografica con tutti gli strumenti di lavoro utilizzati, forme per la fusione dei caratteri, lime, pialle, cucchiaini etc., fino alla rifinitura e composizione per stampa tipografica, calcografica e xilografica.

La sala si completa con una grande armadiatura-libreria realizzata su misura dedicata a “I capolavori di Bodoni” in cui viene esposta la raccolta dei volumi bodoniani, con particolare riguardo alla raccolta palatina ancora con legature originali, al fine di documentare la bibliofilia bodoniana. Fra questi, spiccano alcune delle edizioni più rare quali le Odi di Anacreonte su pergamena di Baviera e le Stanze di Poliziano stampate su seta.
Al centro dello spazio, un tavolo multimediale e interattivo presenta, in formato digitale, diversi volumi fra cui il Manuale tipografico composto da cento caratteri latini tondi, 50 corsivi e 28 greci a cui Bodoni lavorò per tutta la vita, e l’immane opera dell’Oratio Dominica, il Padre nostro in 155 lingue utilizzando ben 215 caratteri diversi tra latini, greci ed esotici, stampato da Bodoni in meno di un anno. Grazie a tale dispositivo touch-screen è possibile effettuare una ricerca per volume e sfogliare le pagine dell’opera nella sua completezza, potendo così ammirare la raffinatezza e l’alta qualità del lavoro tipografico di Giambattista Bodoni.

Biografia
Gli esordi in Piemonte (1740 — 1757)
Bodoni fu tipografo nel senso più ampio del termine, perché stampatore, disegnatore, incisore e fonditore di caratteri con risultati di eccellenza formale sempre esemplari. Nato il 26 febbraio 1740 a Saluzzo (Cuneo) da famiglia di tipografi, compie nella città natale gli studi di “umanità” e nell’officina del padre, Francesco Agostino, le prime esperienze professionali, proseguendo poi a Torino la sua formazione.

Il periodo romano (1758 — 1766)
Desideroso di perfezionarsi a Roma, parte da Saluzzo il 15 febbraio 1768. A Roma è impiegato presso la Stamperia della Congregazione di Propaganda Fide, prima come compositore di opere “esotiche” quindi nel delicato compito di riordinare le serie di punzoni per caratteri orientali che Sisto V aveva fatto incidere ai rinomati Garamond e Le Bè. Questo periodo risulta decisivo per l’orientamento di Bodoni quale incisore di caratteri e per il suo interessamento agli alfabeti orientali, lingue delle quali apprende i rudimenti frequentando il Collegio della Sapienza.
Lasciata Roma nel 1766 col proposito di recarsi a Londra, è invece costretto da motivi di salute a trattenersi a Saluzzo.

Parma e la Stamperia Ducale (1768-1790)
Nel febbraio del 1768 viene chiamato dal Duca Ferdinando di Borbone a Parma, per impiantarvi e dirigervi la governativa Stamperia Reale, di cui resterà alla direzione per il resto della vita. Bodoni cura la costruzione dei torchi e degli altri utensili: in pochi mesi la Stamperia, collocata nel Palazzo della Pilotta, così come gli alloggi privati del tipografo, è pronta per l’avvio ufficiale.
Inizia subito la collaborazione con l’architetto Petitot e l’incisore Benigno Bossi per la stampa di edizioni celebrative dei fasti del Ducato quali l’Ara Amicitiae in memoria della visita dell’imperatore Giuseppe II e la Descrizione delle Feste celebrate in Parma l’anno MDCCLXIX. Per le auguste nozze di sua altezza reale l’infante Don Ferdinando colla reale arciduchessa Maria Amalia, il più splendido libro italiano di feste adorno di 70 fra tavole fuori testo, capilettera, testate e finalini; entrambe le opere sono del 1769.
Le pubblicazioni dei primi anni di attività sono realizzate utilizzando caratteri provenienti dalla Francia, ma già a partire dal 1771 Bodoni inizia il disegno e la produzione dei propri caratteri (di questo stesso anno è il primo saggio tipografico, Fregi e Majuscole incise e fuse da Giambattista Bodoni Direttore della Stamperia Reale), coadiuvato dai collaboratori, primo fra tutti il fratello Giuseppe chiamato a Parma per sovrintendere alla fonderia.
Collaborazione estremamente fruttuosa è quella tra Bodoni e l’orientalista Gian Bernardo De Rossi per varie pubblicazioni poliglotte, culminate negli Epithalamia exoticis linguis reddita (1775), un grande in-folio encomiastico per le nozze del principe di Piemonte, che esibisce testi in ventisei lingue orientali; si orna di 139 rami allegorici e ornamentali e costituisce uno dei suoi primi campioni di caratteri esotici. La passione per il disegno e l’incisione di caratteri orientali resterà in lui duratura fin oltre il Pater Noster (Oratio Dominica) del 1806, stampato in 155 lingue diverse.
Si susseguono numerose edizioni che impongono i torchi parmensi all’attenzione dei letterati, dei bibliofili e dei viaggiatori del Grand Tour che in città fanno sosta per ammirare le pitture del Correggio e per visitare la tipografia bodoniana. Nell’occasione delle visite di sovrani, Bodoni stampa in loro onore omaggi tipografici quali l’Essai de caractères russes del 1782 per lo zarevic Paolo, figlio della Grande Caterina, e Upomnema Parmense in adventu Gustavi III per il re di Svezia (1784). Inoltre fanno la fama di Bodoni in quei primi decenni Gli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista tradotti da Annibal Caro (1786), l’Aminta del Tasso (1789), diversi classici greci, l’Aristodemo (1786) e i Versi (1787) del Monti, le Poesie campestri del Pindemonte.
Lo studio della forma delle lettere alfabetiche diviene oggetto esclusivo di presentazione nei “manuali”, ossia i campionari di caratteri che Bodoni andava via via allestendo e perfezionando dal 1771. Sono del 1788 il primo Manuale tipografico con cento alfabeti tondi latini, cinquanta corsivi e ventotto greci e la Serie di majuscole e caratteri cancellereschi, strepitosa esaltazione, al limite dell’astrazione, dei suoi alfabeti. L’impronta severa, neoclassica delle lettere, connotata dal netto contrasto tra lo spessore delle aste e la sottigliezza dei filetti e delle grazie; la nuda, epigrafica composizione dei frontespizi e delle dediche; l’arioso giusto rapporto tra testo e immagini, fra riga e riga, fra chiari e scuri fanno della pagina bodoniana un prodigio di armonia e leggibilità.

La stamperia privata. Gli anni ’90
Nel 1791 Bodoni ottiene dal Duca il permesso di aprire una privata stamperia da cui uscirono in seguito tutti i capolavori della sua produzione, restando la Tipografia Reale impegnata in stampe di minor importanza e di ordinaria necessità governativa. L’officina privata di Bodoni impiegò non più di dodici lavoranti, tra compositori e torcolieri, mentre la Stamperia Reale circa una ventina. Lo stesso anno sposa Margherita Dall’Aglio, che gli sarà amorevolmente accanto tanto nella vita privata, assistendolo negli innumerevoli problemi di salute, che sul lavoro, aiutandolo con la copiosissima corrispondenza e proseguendo l’attività della tipografia dopo la sua morte.
Il 1791 è particolarmente produttivo: stampa The Castle of Otranto del Walpole, per conto del libraio londinese Edwards, le Odi del Parini e da quest’anno iniziano ad uscire dai torchi della Stamperia Bodoni le splendide edizioni patrocinate da José Nicolas de Azara: i sontuosi in-folio di Orazio (Q. Horatii Flacci Opera, 1791), di Virgilio (P. Virgilii Maronis Opera, 1793) e degli elegiaci latini (Catulli, Tibulli, Propertii Opera, 1794). Il loro sodalizio era iniziato anni prima con la stampa delle Opere di Antonio Raffaello Mengs (1780), cui seguono edizioni di Anacreonte in vari formati (1784-1785-1791) dedicate proprio al ministro spagnolo.
Le edizioni per Nicolas de Azara, così come quelle sontuosissime di Tasso (La Gerusalemme Liberata, (1794), Dante (1795), Petrarca (1797), Callimaco (1792), la Britannia di Lord Hampden (1792), il De Imitatione Christi (1793), i Poems di Gray e altre di quegli ultimi anni di Ancien Régime, raggiungono l’assoluta purezza e nudità tipografica, perseguita con l’eliminazione di ogni fregio e figura. L’eliminazione delle incisioni decorative non esclude però la presenza di illustrazioni: ne è un esempio mirabile il volume delle Pitture di Antonio Allegri Detto il Correggio Esistenti in Parma nel Monistero di San Paolo (1800), con le magnifiche tavole a sanguigna incise da Francesco Rosaspina, che fecero conoscere per la prima volta il capolavoro del Correggio rimasto nascosto fino ad allora.

Bodoni e il governo francese (1796-1812)
Con l’arrivo dei francesi nel 1796-97 e l’annessione del ducato nel 1802 direttamente alla Francia, a Bodoni non mancarono prestigiose protezioni e commissioni da parte della nuova aristocrazia napoleonica. Furono l’occasione per intraprendere pubblicazioni di grande impegno tipografico come l’Inno a Cerere di Omero con dedica a Francesco Melzi d’Eril (1805); il Bardo della Selva Nera del Monti dedicato a Napoleone (1806) e, nello stesso anno, la Descrizione del Foro Bonaparte progettato da Antolini e l’Orazio Dominica dedicata al viceré Eugenio Beauharnais; l’Iliade greca (1808) in tre volumi amplissimi con dedica a Napoleone, monumento tipografico inarrivabile; il Cimelio tipografico Pittorico offerto agli Augustissimi genitori del Re di Roma che riprende i 40 Scherzi poetici pittorici di Giovanni Gherardo de Rossi stampandoli in quaranta differenti caratteri entro uguale spazio, vero tour de force tipografico. A questi insuperati monumenti tipografici si aggiunsero le ultime fatiche, i classici francesi per l’istruzione del figlio del re di Napoli Gioacchino Murat (Fénelon nel 1812, Racine nel 1813, La Fontaine e Boileau portati a termine dalla vedova nel 1814).

La morte (1813)
La morte lo colse a Parma il 30 novembre 1813. L’annuncio della sua scomparsa fu dato alla città dal suono della maggiore campana del Duomo, i cui rintocchi funebri erano riservati a principi, alti dignitari e ai personaggi più illustri. Il corpo fu tumulato nella stessa cattedrale dopo le esequie celebrate il 2 dicembre, a cui parteciparono i capi del governo, della municipalità e di tutti i corpi scientifici e letterari.
La vedova portò a termine i suoi progetti, tra i quali la stampa nel 1818 del suo definitivo Manuale Tipografico, in due volumi, con la dedica alla nuova sovrana Maria Luigia. Il Manuale, frutto oltre di quarant’anni di lavoro, è composto da 265 pagine di caratteri romani, 125 di maiuscole, 181 di caratteri greci e orientali, 1036 fregi, 31 contorni a pezzi mobili e 20 pagine di segni, numeri ed esempi musicali.

Riconoscimenti
Per intercessione di Josè Nicolas de Azara Bodoni è nominato nel 1782 Tipografo di camera di Carlo III di Spagna; nel 1793 Carlo IV aggiunge al titolo una pensione annua di seimila reali. Nel 1803 l’Anzianato di Parma gli conferisce la cittadinanza onoraria e viene coniata una medaglia in suo onore. Nel 1806 si aggiudica la medaglia d’oro del primo premio all’Esposizione di Parigi, dove aveva inviato quattordici sue edizioni. Nel 1807 viene esentato dal pagamento delle imposte come “sommo artista”. Nel 1808 riceve una pensione vitalizia da Gioacchino Murat e nel 1810 un’altra da Napoleone “in considerazione dei progressi che egli ha fatto fare all’arte tipografica”. Nel 1812 viene decorato con l’ordine Imperiale della Réunion.